LECTIO VANGELO IV DOMENICA QUARESIMA ANNO B
Dal vangelo secondo Giovanni (3,14-21)
14In quel tempo Gesù disse a Nicodemo “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. 19 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. 21 Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”.
Commento del testo:
Il vangelo di oggi ci presenta un personaggio dal nome insolito: Nicodemo, che riesce, attraverso l’incontro con Gesù, ad uscire dalla propria notte e aprirsi alla luce di Cristo.
Innanzitutto chi era Nicodemo?
Nicodemo è un fariseo, uno che credeva ed osservava la legge di Mosè, che frequentava il tempio e, come tutti i farisei, aspettava l’arrivo del Messia. Aveva già incontrato Gesù, lo aveva sentito parlare, operare segni ma era pieno di dubbi.
Nicodemo è il discepolo della notte: va da Gesù di notte, quando nessuno lo può riconoscere perché ha paura di perdere la faccia, vuole prima capire bene. Pensavo a quanto ci assomiglia questo personaggio: anche noi spesso siamo alle prese con i nostri dubbi, le nostre incertezze e vorremmo cercare di capire se ne vale veramente la pena seguire Gesù!
Nicodemo farà un percorso graduale che lo porterà a diventare il più coraggioso dei discepoli quando si presenterà davanti a Pilato per chiedere il corpo di Gesù per la sepoltura (Gv19.38-42). Quel gesto sarà l’alba della sua nuova vita nella fede in Cristo!
Ma quali sono i passaggi che compie Nicodemo per arrivare alla luce della fede in Cristo?
1 passaggio: guardare all’amore di Dio.
Nicodemo era un uomo della legge, cioè un uomo abituato a vedere un Dio che giudica l’uomo attraverso la sua osservanza alla legge, ai comandamenti, un Dio che ci aiuta a dire ciò che è giusto o sbagliato nella nostra vita attraverso la legge. Sicuramente anche l’osservanza della legge di Dio fa parte della nostra fede ma solo dopo aver affrontato il crocevia più importante del nostro rapporto con Lui: credere e fidarsi del suo amore! Il dubbio più grande della nostra fede è credere che l’amore di Dio non possa salvare e dare pienezza alla nostra vita, rischiando di vivere in questa perenne penombra.
Abbiamo ascoltato nel vg Gesù che dice “ il figlio dell’uomo non è venuto per condannare ma per salvare” e qui non si tratta della salvezza al passaggio della nostra morte, ma della vita di tutti i giorni: fare le scelte quotidiane credendo nella provvidenza di Dio. Fidarsi di Lui per arrivare alla verità della nostra vita oppure vivere sempre nel dubbio che seguire Dio non ci renda uomini felici, che seguire Dio in alcune occasioni sia una trappola e non serva a nulla! E’ lo stesso dilemma che ha accompagnato il popolo di Israele per tutto il cammino nel deserto verso la terra promessa: seguire Dio e Mosè è una condanna o è la salvezza? Nel Vangelo, Gesù cita proprio un episodio accaduto agli israeliti durante il loro cammino nel deserto: ad un certo punto il popolo di Israele comincia a mormorare contro Dio per averlo condotto nel deserto ed è assalito da serpenti velenosi. Dio interviene e chiede a Mose di costruire e innalzare, un serpente di bronzo: ogni israelita morso dal serpente che riusciva a guardare al serpente di bronzo veniva salvato.
L’antidoto alla paura è guardare in faccia quello che ci spaventa. Proprio perché il buio ingigantisce gli oggetti fantastici che ci turbano, occorre trovare il coraggio di guardarli per ridimensionare quello che ci fa paura, proprio come accade al popolo di Israele. La gente era talmente stanca e sfiduciata che cominciava a concentrarsi sulle proprie paure: la paura di non farcela a camminare, la paura di non trovare cibo, la paura di morire di sete. Gli israeliti erano talmente ossessionati da quelle paure che effettivamente le paure prendono corpo, assumono la forma di serpenti velenosi.
Quando nella nostra vita ci concentriamo sulle nostre paure, prima o poi troveremo qualcosa che giustifica le nostre attese catastrofiche. Come per il popolo d’Israele, così le nostre paure ci uccidono: chi veniva morso dal serpente moriva, perché la paura inietta il suo veleno nella nostra vita.
Anche noi ogni giorno veniamo morsi dal veleno del dubbio: ma seguire Gesù ne vale la pena? Dal veleno del compromesso e della delusione: amare come Gesù fino a dare la vita ne vale la pena? Forse è meglio arrangiarsi in altre scelte! Dal veleno del rancore e della sfiducia di pensare sempre che la nostra vita poteva essere migliore. Il popolo di Israele per guarire dal veleno dei serpenti è chiamato a guardare al serpente di bronzo profezia di Cristo innalzato e crocifisso che ci mostra l’amore di Dio capace di guarirci!
Anche per noi allora è il tempo di chiederci a chi ci rivolgiamo, a chi stiamo guardando mentre affrontiamo momenti difficili, delle prove e delle scelte decisive nella nostra vita?
2 passaggio: venire alla luce con la grazia di Dio!
Spesso abbiamo la stessa paura di Adamo dopo il peccato: la paura di essere sconfessati dalla luce della verità e allora ci nascondiamo!! Oggi invece dobbiamo chiedere la grazia al Signore di capire ciò che è tenebra nella nostra vita, di capire che è un bene anche patire, soffrire l’umiliazione della verità che porta alla luce le nostre povertà perché tutto questo,con l’amore di Dio, non è una condanna ma può diventare occasione di liberazione. La quarta domenica della Quaresima si chiama “Dominica in Laetare”. La vita cristiana infatti è letizia, la penitenza (proprio come la quaresima) è uno stato di preparazione alla vita da figli di Dio, nel cammino verso la gioia del cielo, per la strada della Pasqua.
La parola “letizia” è un termine interessante. Contiene la radice della parola “letame”, e parla di fecondità che nasce da qualcosa che in sé non è molto nobile. Ci può anche dar molestia, ma la letizia cristiana parte dalla povertà, dalla constatazione dei nostri limiti e dei nostri pericoli. La nostra è una salvezza da ricevere, non altro. «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna». Questo proclama il Vangelo di questa domenica della letizia.
Andare perduti, sprecarsi, dilapidare la propria bellezza, è possibile, capita: come si scappa a questa ipotesi? Come ci si tira fuori dalla distruzione? Non da soli. «Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Per lasciarsi salvare, per entrare nella letizia, ci vuole l’odore della nostra povertà, la fecondità del letame. I poveri accolsero con letizia il Messia, i giusti no.
«La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie».Venire alla luce vuol dire lasciarsi vedere per quello che siamo: anche noi poveri, esattamente come tutti gli uomini che Cristo è venuto a salvare. Vale la pena di buttar via la maschera dei buoni! Lasciamo che entri la luce che fa male ma guarisce. E così smetterla di mimare la felicità. Siamo incompleti, non possiamo che esserlo. Perché mai aver tanta paura di venire alla luce e svelarsi deboli? Semplice: perché ci siamo venduti mille volte per forti. E non lo siamo.
Che gioia, invece, venire alla luce, lasciarsi amare da poveri e lasciarsi salvare. Questa è la letizia cristiana: in qualsiasi posto stiamo possiamo sempre venire alla luce!
Buona domenica.
Don Paolo
Testi di rifermento per questa lectio:
Commento al vangelo della domenica, Don Fabio Rosini
Commento al vangelo della domenica, Padre Gaetano Piccolo